Il virus anche nell’aria: a che ora è la fine del mondo?

A che ora è la fine del mondo?

Si chiama infodemia. È quel cumulo di notizie che si genera allorquando su una stessa faccenda scrivono così in tanti che alla fine non ci si capisce più niente.

Questa mattina mi sono alzato ed ho trovato la notizia sul giornale Repubblica: il virus si propaga non solo attraverso le classiche goccioline che sono la secrezione della nostra saliva o del nostro naso, ma anche attraverso il droplet, particelle infinitamente più piccole, invisibili e che resterebbero negli ambienti aperti ma chiusi: come un ascensore. O un ospedale.

Mi sono subito chiesto: come mi difendo da queste notizie, che non sono notizie, ma che di fatto lo sono?

Tra l’altro lo ha detto un medico. Per cui, arrivando da un giornale in cui chi parla è un dottore, come mi sento io che ricevo la news? Rassegnato. Annichilito, Spaventato. Angosciato.

Ogni giorno sul povero cittadino che magari cerca di fare anche una cernita di giornali e TV per non imbattersi nella spazzatura e nei consigli non richiesti, tipo quello di lavare le zampe del vostro cane con la candeggina, cazzata assoluta che fa ammalare il vostro quadrupede, arriva una tale quantità di informazioni da perderci la testa.

Da ieri circola un video sulla rete, che per rispetto vostro e di chi è stato ripreso evito di pubblicare, in cui si vedono decide di cadaveri chiusi dentro dei sacchi neri all’interno di un obitorio. Sacchi neri ciascuno con un foglio di carta sopra, tenuti da un filo di scotch.

Qualcuno con un telefonino passa in mezzo a questi corpi, ammassati come fossero sacchi della posta o di prodotti da smistare. Invece sono esseri umani. Non se ne conosce la provenienza, non si sa chi lo abbia girato e dove. Sulla rete però è stato subito caricato e gira via WhatsApp. Anche in questo: come ci si difende da un’informazione di questo genere?

Certo: basterebbe schiacciare il tasto cancella e tutto si rimuove. Il problema è che la nostra memoria visiva ha radici profonde che si depositano nell’inconscio. Posso ignorare con un click sul piano dell’Io un’informazione che mi sconvolge, non posso purtroppo rimuoverla sul piano inconscio. Semplicemente si deposita in un angolo e poi rispunta all’improvviso in modo incontrollato.

Per esempio nei giorni scorsi il Governatore Fontana in aula ha affermato che si è sentito umanamente offeso dalle insolenze con cui molti dell’opposizione l’avevano accusato di aver ingigantito il caso del Coronavirus, lo scorso 3 Febbraio.

Ha ragione, anche se dimentica che il 23 Febbraio dichiarò, lui pure, in aula, che il Covid -19 era una semplice influenza. Perché in questa situazione ci siamo dentro tutti, compreso chi scrive. Non sappiamo esattamente cosa sia questo virus, come si acchiappi, che effetti produca, e come lo si debelli. Gli effetti sono ancora parzialmente sconosciuti, altri invece li conosciamo. Sappiamo che toglie il fiato, che arriva a farti soffocare. Sappiamo che il virus arriva fino dentro ai polmoni provocando una reazione eccessiva del sistema immunitario che può causare gravi effetti collaterali. Fino a determinare il decesso, per chi ha altre patologie.

Come ci si difende da tutte queste notizie? Dal fatto che il Coronavirus “ha i sintomi tipici del raffreddore, ma poi diventa molto più aggressivo?”

Siamo esposti ad un male assoluto, peggiore del Coronavirus. Siamo esposti alla spettacolarizzazione dell’informazione, per altro posta in essere de relato; ma non sai mai se quelli che l’hanno provocata hanno oppure no lo standing professionale per essere credibili in quello che dicono.

Prendete quanto sta accedendo tra Regione Lombardia e Governo centrale. La Regione dice di non aver ricevuto i sostegni necessari, soprattutto in termini di mezzi: mascherine e respiratori soprattutto. E tu gli credi quando vedi e leggi di tutti i morti a Bergamo e ora anche a Milano. Il Governo dice esserci una bolla che dimostrerebbe che la consegna delle mascherine ( alcuni milioni di mascherine) sarebbe stata effettuata. E poi senti e vedi la stessa Regione che non avendo più terapie intensive, ne apre una nuova in Fiera a Milano. “Che è di 600 posti, anzi no 500, anzi no 250, anzi no 53, anzi no per il momento sono circa 23-24.” Cosa deve pensare quel cittadino che dovrebbe farsi un’idea con questo tipo di azione? Cosa gli rimane dentro? La sensazione che qualcuno provveda in momenti d’emegenza? O che come al solito bisogna rassegnarsi alla commedia italiana?

Ho sentito l’unità di crisi pochi giorni fa. E mi hanno detto: “Stanno arrivando centinaia di proposte per venderci le mascherine. Puoi immaginare quanti cercano anche di fare i furbi e speculano sul prezzo”. Mi metto nei panni dei politici. Hanno le loro colpe, ma non sono mica gli unici però. Hanno le loro gatte da pelare. E allora mi viene in mente che forse si potrebbe addebitare tutto al capitalismo. È una parola buona da utilizzare in modo transgenerazionale. E favorisce l’individuazione di un capro espiatorio intangibile. Abbattiamo il capitalismo, allora. I marxisti andrebbero a nozze.

La verità è che il mondo siamo noi. Sono le persone che lo compongono. Sono quelli che pubblicano qualunque notizia nel nome del diritto a esprimere il proprio pensiero, e fa niente se questo può essere lesivo della salute di tanta gente che ti legge. È composta da quei cinesi che ci hanno detto che a Wuhan sarebbero morte 3000 persone, che su un miliardo e mezzo di persone è percentualmente un numero contenuto, infinitesimale, ma ci hanno nascosto che le utenze telefoniche che sono state chiuse negli ultimi tre mesi in Cina sono 21 milioni.

È fatto, il mondo, di quegli uomini che non hanno chiuso le borse, hanno scommesso sul crollo dei mercati facendo talmente tanti soldi, sui morti, che potranno distribuire ricchezza per sette generazioni dopo la loro. Ammesso che il virus non li colpisca prima.

Quello che ti rimane, appena svegliato la mattina e dopo una lettura dei giornali, è che l’essere umano andava fatto un po’ meglio.

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