Milano Positiva, Maria Amantea: “Educare è condividere”

Educare è condividere. A ripeterlo una donna gentile. Discreta, dai modi sobri mai sopra le righe. Con una delicata voglia di essere partecipe. Protagonista di una rinascita: quella dei bambini che lei contribuisce ad educare come insegnante nelle scuole elementari.

L’ho incrociata in aula, con i suoi bambini. È tangibile la forza morale della sua didattica. Una fermezza etica che nasce grazie al fondamentale contributo che declinano proprio i suoi alunni.

Maria Amantea ha la straordinaria dote di cercare la coscienza, e di farla cercare. Per questo il contributo che lei fornisce ha davvero qualcosa di particolare. Nel suo modo di proporre la realtà attraverso l’uso della favola come archetipo per arrivare alla verità, una verità fatta di una ragionevole soggettività, Maria adotta la dialettica, il senso della misura per le cose declinata attraverso le forme della comprensione dei suoi interlocutori.

Maria si avvale, protende la sua anima sarebbe più corretto dire, alla comprensione del sé profondo mediante il confronto. E la consuetudine di condurre l’esercizio dell’esperimento, accanto all’osservazione, quale coscienza critica di ognuno, così da rifocillare quell’ansia di conoscenza che alberga soprattutto nei più giovani, non ancora inquinati dall’ideologia dell’appartenenza, del danaro, dell’identità come riflesso di un narcisismo patologico o di un’errata accezione dell’essere; qualificato attraverso le aberranti categorie dell’identità o dell’appartenenza linguistica o religiosa, mistica e diffusa manipolazione dei più giovani, nei secoli dei secoli

Maria attraversa le coscienze guardando le anime dei suoi fanciulli, permettendo che loro possano guardare la sua, con la leggerezza di un sapere che non giudica. Per questo il lavoro della sua associazione, Io Valgo, lei lo definisce “virtuale”.

L’anima del resto è immateriale, per quanto la sua leggerezza finisca con l’avere un peso specifico d’imponderabile valore

Valore che arriva fino ai bambini che fanno dell’esercizio in classe una leva consapevole per difendersi dai mali della contemporaneità a partire dal cyber bullismo

Ecco la sua intervista

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