Immigrazione, una storia vera

Immigrazione, non è  una brutta parola. Anzi, delle volte diventa occasione per una lezione di vita. Ecco cos’è stato l’incontro che voglio raccontarvi. Venerdi 9 Novembre, ristorante Il Frantoio di Assisi. Sono in trasferta. Lo chef stellato Simone Ciccotti allestisce un evento con altri chef alla presenza di 80 invitati. Sette portate, una più gustosa dell’altra. Mi chiede di seguire i cuochi, i ragazzi della cucina, oltre agli ospiti. All’interno della serata anche una “prova tra cuochi”. Verso l’una del mattino entro in cucina dove s’è allestita una formidabile gara a garantire qualità nel servizio. E incontro lui: Samuel. Ventuno anni, nigeriano, da quindici in Italia. Cos’è il lavoro? “Il lavoro è tutto, il lavoro è la vita, senza il lavoro non esiste la vita”. Sulla felicità dice una cosa che mi lascia stupito.

Samuel è paradigma del giovane straniero di colore che arriva in Italia in cerca di fortuna. S’integra, impara un lavoro, impara la lingua, rinuncia a una parte della sua giovinezza ma capisce subito che lo sbocco verso un destino fatto di dignità è dato dal lavoro. E dal sacrificio. E da notti in piedi a lavorare. Lavora accanto a ragazzi suoi coetanei che sono italiani. La stanchezza è  la stessa. La fatica è la stessa. Samuel non conosce la differenza. Conosce l’uguaglianza. Il peso delle difficoltà comuni, dei dolori comuni, delle inquietudini similari che affliggono la generazione dei giovani di oggi. A prescindere dal colore della pelle lo sguardo è volto al futuro, ad un domani agognato senza paura di essere. “La felicità  bisogna saperla accogliere”.

 

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