Il problema della sicurezza: tra realtà e percezione

C’è stata un’epoca in cui in Italia c’erano centinaia di reati contro la persona ed in cui gli omicidi superavano le 2000 unità. Circa cinquanta anni più tardi, dice l’Istat, sono circa 200.

Eppure.

Eppure sentiamo la costante narrazione del bisogno di sicurezza anche se questa sicurezza riguarda sempre il giardino del vicino, perché sono molti gli italiani che dichiarano di percepire la paura e l’insicurezza “non sotto casa propria” . La narrazione vuole che quando si generi, l’origine sia straniera.

Pochi giorni fa, Piazza Durante, Milano, una domenica mattina come tante. Piove. Un papà e una mamma, con un pargolo spinto nel passeggino dal padre, fa per uscire dalla porta del proprio condominio. Sul ciglio dell’ingresso, c’è un uomo sui quaranta anni. Barba incolta, giubbotto sciupato, una bottiglia di birra in mano. Il signore con il bambino, con aria scocciata, chiede al tizio con la birra di non sostare proprio davanti alla porta d’ingresso del condominio. L’uomo,indispettito, alza subito la voce. “Che cazzo vuoi, io posso stare qui, vattene via o ti spacco la bottiglia in testa”

L’uomo con il passeggino si allontana, non volta neanche la faccia verso il signore con la bottiglia che rincara la dose: “Vai, vai, stronzo, vai a chiamare i Carabinieri”. La signora, madre del bambino, minuta rispetto ai due marcantoni accelera il passo. A parte l’istinto di replicare alle minacce, troppo facile prendersela con un papà e una mamma che vanno a spasso con il loro bambino appena nato, c’è venuto in mente che questa è una di quelle circostanze in cui si parla di sicurezza mancata, una di quelle in cui l’assessore alla Sicurezza della Regione Lombardia, De Corato, chiamerebbe i marines con al seguito i carrarmati.

E nella nostra riflessione s’è aggiunto quest’ultetiore pensiero: si sono incontrate due solitudini. Quella di un uomo che dipende dell’alcool e la domenica mattina cerca riparo dalla pioggia mettendosi sui gradini coperti di un condominio cercando di dimenticare la sua vita fatta di silenzio; e dall’altra quella di una famiglia che dentro la complessità della vita sociale, percepisce queste solitudini come un pericolo: e a ragione, data la violenza della risposta di chi aveva la bottiglia in mano.

Il senso di vuoto è spesso provocato dalla mancanza di parole. Che si tramuta in lontananza fisica ed emotiva. Poi in solitudine vera. Quindi in rabbia. Infine in odio.