Il senso della vita per un disabile

Ad insegnarcelo è stato Marcos Cappato. Lo ricordate? È il giovane ventenne di Milano che vuole andare a scuola e che con il Comune di Milano ha dovuto combattere per avere un pulmino che lo aiutasse ad essere accompagnato. Lui è in sedia a rotelle per una malattia che lo ha colpito ancora bambino. La battaglia continua ancora adesso.

Marcos ha deciso di aprire un canale YouTube in cui raccontare la sua storia. Ed in cui mostrare come gli ostacoli che incontra ogni giorno sulla sua strada, siano fisicamente in grado di impedire il dispiegarsi della sua vita. Barriere architettoniche sistemate senza ragione. Macchine posteggiate sopra i marciapiedi cui oggi si aggiungono le nuove due ruote del comune che di fatto impediscono a Marcos di poter circolare liberamente. Senza considerare la semplice maleducazione di chi affolla le strade o i marciapiedi, rendendo la vita impossibile a chi come lui sta sulla sedia a rotelle. Senza dimenticare le fatiche del papà Alessandro che segue come un’ombra suo figlio; e che si trova spesso costretto a litigare con quanti non rispettano le più elementari norme di diritto civico. Si aggiungono poi i problemi con la circolazione dei mezzi pubblici. Il Comune ha preso l’impegno ed ha mantenuto la promessa: si sta lavorando a mettere dei montascale sulle fermate della metro dove ancora non ci sono, com’è accaduto alla metropolitana di Rovereto. In questo l’Assessore Granelli della Giunta Sala è stato di parola. Adesso però serve continuare con ancora più determinazione di prima. La vita di un disabile in una città come Milano sta cominciando a diventare meno difficile ma non abbiamo ancora risolto molti problemi. Una persona in carrozzella deve poterlo fare in sicurezza in tutti i locali. Anche negli ascensori, nei negozi, sui tram e sugli autobus. Non tutti sono ancora a norma. Allora mettiamoci al lavoro. Se arriva il Governo Draghi, ci sia l’impegno da parte degli enti locali di spingere per avere risorse anche per chi è diversamente abile. Ammesso che i diversamente abili siano davvero quelli su una carrozzella e non gli uomini verticali. A volte si ha la sensazione che quelli poco abili siano gli ultimi, quelli verticali.