66 Governi in 75 anni

La notizia la riporta Milena Gabanelli questa mattina sul Corriere della Sera (https://www.corriere.it/dataroom-milena-gabanelli/crisi-governo-66-esecutivi-75-anni-quanto-ci-costa-instabilita-politica-renzi-conte/4335b5f2-58d5-11eb-9753-e0ea6e647f4a-va.shtml)

Dal 1989 in poi, dalla caduta del muro di Berlino e soprattutto con l’avvento della seconda Repubblica e il maggioritario nel 1994, avevamo sperato, come opinione pubblica, in una resipiscenza per quanto tardiva, della nostra classe dirigente. In una capacità cioè di governare con maggiore continuità e con continuità la cosa pubblica. Un’esigenza, insomma, che il Paese aveva maturato dopo le fibrillazioni della prima repubblica. Invece, niente da fare. A memoria possiamo ricordare: Il Berlusconi I, il Governo Dini,1995, poi l’esecutivo Prodi,1996, quindi quello a guida D’Alema,1998, e poi Amato. Poi nuovamente Berlusconi (2001) quindi di nuovo Prodi,2006, quindi ancora Berlusconi (2008) poi arrivò Monti(2011) quindi Letta(2013) e poi Renzi(2014) quindi Conte I, e II e a breve potrebbe esserci il Conte III. In 27 anni, 14 governi diversi, 13 crisi, 14 Presidenti del Consiglio in cui nella speciale classifica Conte potrebbe appaiare Berlusconi tra meno di 24 ore, con tre distinti esecutivi. Dilettanti rispetto a Giulio Andreotti che di Esecutivi lui da solo ne ha guidati otto. Ma erano altri tempi. Adesso invece siamo nell’era della tecnologia, della società liquida, fluida. Una società disarticolata e spaventata. In cui però ogni passaggio democratico, e che sperabilmente non auspichiamo sia bloccata ma al più contenuta dal senso di responsabilità, ha un costo elevatissimo. Le ripercussioni di un cambio di Governo si misurano poi anche nelle realtà locali.

Potremmo allora provare con un tecnicismo pragmatico, machiavellico. Se un deputato e un senatore guadagnassero 1400 Euro al mese, assisteremmo al mercato delle vacche di questi giorni? Probabilmente si, essendo in Italia. Questo spiega perché non ne usciamo. In questo paese manca una morale. Una, almeno, che metta al centro l’uomo, e non il danaro