Il Natale dimesso di Milano

Un lugubre grigiore permeato del più cupo pessimismo. Il primo ponte natalizio dell’anno comincia a Milano con il tangibile silenzio di molte strade, molto meno percorse degli anni scorsi. L’intero centro storico dove pure non mancano gli addobbi natalizi e il consueto albero, quest’anno a firma della multinazionale Coca Cola, fanno bella mostra di sé come l’albero di Svarowsky in Galleria, come sempre meta di molti turisti e di altrettanti milanesi da sempre attratti dai luccichii dell’albero della nota compagnia di gioielli. Un Natale dimesso, infelice, privo di quella fibrillazione cui siamo abituati nel capoluogo lombardo. Persino le vie del quadrilatero della moda, pur sberluccicando di lucine come sempre, sembrano avere molto meno appeal. Su Milano spira la morte e, a sentire il virologo Andrea Crisanti, dobbiamo ancora vedere il peggio. Davanti a tanta devastazione pessimista, davanti all’angosciosa attesa che il virus colpisca, come una punizione divina, cui non sembra potersi sottrarre alcuno secondo la vulgata pubblica, diventa evidente che anche quel mood di cui Milano è sempre stata portatrice, viene cancellato come un riflesso pavloviano. Per cui inutile voler andare contro i mulini a vento. L’obiettivo è stato raggiunto: bisogna far avere paura e adesso il Paese intero è spaventato, contratto, ritratto su se stesso, compresso dall’angelo della morte.

Eppure Milano è bellissima come sempre e forse persino come non mai. Il Teatro alla Scala ha comunque portato la gioia e la coscienza del teatro dentro il 7 Dicembre, anche dentro una sala vuota ma gremita della voglia di ripartire di chi è rimasto fuori. Abbiamo un virus che ha colpito la città e la regione. Malgrado l’inettitudine di alcuni responsabili, le vittime sono meno di quelle registrate in occasione di altri virus, ma comunque sempre troppi. E malgrado il sole sorga ogni giorno e come ogni giorni tramonti, ci troviamo di fronte allo smarrimento di una società che non ha posto la morte al centro della riflessione e della ricerca della coscienza, come volano per dare un senso alla vita. Così s’annegano i nostri pensieri. E il naufragar c’è dolce comunque: la vita prevale sulla morte, essendone parente stretta forse sorella. Negare che esista non serve, perché presto o tardi dobbiamo confrontarci con lei. E la bellezza di Milano ci restituisce un afflato di vita