Il calcio si, la scuola no: il Covid indica le priorità

Il Coronavirus ha cambiato il Paese. Ne ha trasformato le condizioni sociali. Ha mutato la percezione della realtà. Soprattutto ha tracciato un solco tra le cose che contano davvero e quelle che invece possono essere subordinate.

Il calcio per esempio ha ripreso. Prima il campionato, poi le Coppe Europee. Stadi vuoti e telecamere in campo insieme ai suoi protagonisti. La panacea delle multinazionali televisive e delle società sportive che non devono mettere mano al portafogli per garantire la qualità dei servizi ai fruitori del calcio. E un’opportunità per la Polizia di Stato e i Carabinieri che non devono più essere distaccati con migliaia di uomini per garantire la sicurezza ai cittadini contro i rischi di tafferugli.

Il calcio insomma si è organizzato, ha garantito ai suoi spettatori il piacere di avere di nuovo i campioni della pedata sugli schermi e sui giornali. E ha isolato i casi di Coronavirus, contenendo ed organizzando le squadre in mod tale che se qualcuno risultasse positivo al tampone non pregiudichi al resto della squadra di continuare a giocare.

Nelle scuole invece, l’asse portante per avere valenti professionisti che siano capaci di amministrare la cosa pubblica e di alimentare il mercato privato, non s’è fatto praticamente nulla. A due settimane dalla ripresa, a sei mesi dal lockdown che ha chiuso i ragazzi a casa, ancora siamo in balia di ipotesi del CTS che alimenta più che progetti vere e proprie leggende.

Ad oggi i bambini dovrebbero andare a scuola con la mascherina ma da indossare all’ingresso e all’uscita o durante le pause, non in classe durante la lezioni , in cui si ritiene garantito il distanziamento sociale. Le mascherine non si sa ancora se dovranno essere quelle chirurgiche o quelle trasparenti; siamo certi invece che non ci sia una dotazione adeguata per tutti i ragazzi. È l’idea della proliferazione della paura, affinché si agisca attraverso la leva del panico. La vittoria dell’irrazionalità e dell’improvvisazione contro la programmazione. E l’incapacità dolosa di usare il razionalismo scientifico di cui ci riempie la bocca. Alla fine lasceremo i ragazzi a scuola nelle mani dei loro insegnanti e della provvida capacità di fare da soli. Senza nocchiere sappiamo fare meglio. Paradossi dell’inciviltà contemporanea.

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