Aiutare i disabili è questione di civiltà

Nel 2020 nella città di Milano, se la sorte ha deciso di portarti in dote una carrozzella su cui restare seduto per sempre, in alcune zone è praticamente impossibile circolare. Tra le fermate MM di Loreto e Turro ci sono altre due stazioni della metropolitana nel mezzo: Pasteur e Rovereto. Siamo in quell’area urbana, tra via Padova e Viale Monza, raccordo tra la periferia e il centro storico , in cui la densità delle macchine è tale da rendere impossibile spostamenti anche a coloro che vanno a piedi.

È praticamente fatto divieto di andare con una carrozzella in metropolitana. Non ci sono scivoli e neppure ascensori in queste tre fermate. Se sei da solo, prosegui con la tua carrozzella. Se sei aiutato da qualcuno, quest’ultimo dovrebbe sobbarcarsi l’onere di fare una serie di gradini, evitando di far cadere dalla sedia colui il quale ci deve stare per forza.

Va da sé, poi, che in un agglomerato urbano come quello di Nolo, dove la densità di popolazione è molto alta, il nunero di scuole, supermercati, negozi, bar e farmacie è altrettanto numeroso. Ma se devi arrivarci con i mezzi pubblici, tra cui appunto la metropolitana, allora è una battaglia: divincolarsi all’interno di un contesto che non pensa all’esistenza dei “diversamente bipedi”, vuol dire essenzialmente non avere riguardo verso chi ha bisogno. In una parola si tratta di razzismo.

Non c’è soltanto l’ineludibile palude amministrativa che spiega e giustifica qualunque lacuna. C’è qualcosa in più: il sostanziale disinteresse verso chi ci richiama all’etica della responsabilità e al dovere di occuparci dell’altro da sé, come forma d’impegno quotidiano. In una società deresponsabilizzata il concetto del sostegno al bisogno non passa. Perché non se ne riconoscono i presupposti.