“Se ti chiama a casa il Governatore Fontana”

“Se ti chiama a casa il Governatore Fontana”

Sono le sei del pomeriggio. Mi era da poco arrivato l’ennesimo messaggio. Il tono era questo:

“Caro Max sai come funziona in Lombardia???

Dichiarata da isolamento e poi libera, tutto senza alcuna prova, in base a dichiarazione telefonica spontanea. Per lui (il medico) dopo un mese di isolamento (da Covid) e 14 gg senza altri sintomi (che ho dovuto dichiarare io al telefono neanche per iscritto) il 22 maggio sarò libera di andare dove voglio, senza fare il test, senza fare il tampone.
E se io oggi al telefono alla domanda “ha avuto altri sintomi” invece di dire “no” avessi detto al mio medico: “dottore starnutisco”, sempre sulla parola mi avrebbe dato altro 2 giri di isolamento! E se io avessi avuto altri sintomi ma mi fossi semplicemente rotta le scatole sarebbe bastato mentire e sarei stata libera come lo sono. Così vanno in giro le persone, da ieri…
È PAZZESCO”

Niente di nuovo per noi qui a Milano, in Lombardia.

D’istinto, come già altre volte ho fatto, prendo il messaggio e così com’è lo giro via WhatsApp al Governatore Attilio Fontana. E aggiungo: ‘La signora è una mia amica e lavora in Regione Lombardia. Se fosse sua moglie o suo figlio?’

Dopo pochi minuti ricevo un suo messaggio.

-‘Da quale città?’

-‘Da Milano’, rispondo al Governatore.

Passano circa trenta minuti e mi squilla il cellulare. È Attilio Fontana. “Scusi Rigano, ma a me questa situazione non va proprio a genio. Questa persona deve avere un tampone se negli ultimi 14 giorni ha avuto sintomi o se è stata segnalata a una ATS. Mi può girare il numero di cellulare della signora?”

Rimango stupito dalla chiamata. Dico al Governatore che sentirò la signora e in caso affermativo gli farò ricevere il suo numero di cellulare.

Metto giù e richiamo la mia amica. Le chiedo il permesso di lasciare il suo numero al Presidente della Regione. Cosi accade.

Passano altri trenta minuti e la mia amica mi conferma: “Sono stata chiamata da Carlo Cassani, (capo ufficio stampa e portavoce dell’assessore al welfare Gallera) il quale mi ha garantito che non devo essere io a pagarmi l’esame sierologico ed il tampone. Provvederanno loro a farmi chiamare e a farmi fare l’esame.”

Racconto questa vicenda perché ci vedo una bella differenza con quanto mi era accaduto ( e l’avevo scritto) circa un mese e mezzo fa. Anche allora avevo girato un video di una ragazza che si autodenunciava. Una ragazza romana, d’istanza a Milano. Rimasta bloccata a causa del lockdown ha postato un video su YouTube che ha fatto decine di migliaia di visualizzazioni. Un mese e mezzo fa avevo appunto girato il video all’Assessore Gallera e al suo portavoce, chiedendo se potessero fare qualcosa per quella ragazza che non conoscevo e che abitava a Porta Romana.

Avevo mandato il video e la richiesta direttamente sul cellulare dell’Assessore Gallera. E avevo appunto raccontato, proprio qui su Facebook il fatto della ragazza.

Niente. Nessuna risposta. Da parte di nessuno. Mi sembrava importante che una sintomatica dichiarata, libera di circolare perché nessuna l’aveva visitata, potesse potenzialmente contagiare delle persone in città. Per questo mi ero sentito in dovere di avvisare l’Assessore.

Nel caso accadutomi ieri, c’è stata una bella differenza rispetto al caso di Veronica Rencricca, questo il nome della ragazza romana a Milano. Fontana mi ha chiamato, s’è informato e ha evidentemente preteso che l’Assessorato alla Sanità si attivasse subito.

A questo punto mi domando: perché due così distinte reazioni? Perché nel caso di Veronica non s’è fatto nulla? E perché nel caso della seconda ragazza s’è deciso d’intervenire?

Ammettiamo pure che sia dipeso da due fattori. La ragazza di ieri è una dipendente della Regione e chi ha segnalato il caso al Governatore è stato un giornalista. Bastano per motivare due così diverse ed opposte reazioni?

Gallera e il Governatore Fontana, si parlano? Perché la politica è fatta anche di etica individuale. E qui ci sono due modi completamente diversi di agire.

Fontana ha sentito ( e non è la prima volta) il bisogno di scrivermi quando gli ho chiesto cosa avrebbe fatto se fosse stato lui il padre di quella ragazza che ha scritto a me. Già nel caso di Marcos Cappato a Gennaio mi aveva risposto a proposito della richiesta del ragazzo che chiedeva di poter essere aiutato ad avere un mezzo per andare a scuola essendo diversamente abile. “Non dipende da noi, ma dal Comune”, mi disse, facendola breve, nelle ore a ridosso dei tagli ai fondi per i disabili, decisi dal suo Assessore Bolognini. Altro tenore, ma anche allora rispose.

L’Assessore al Welfare Giulio Gallera non ha mai trovato il tempo per rispondermi, neppure attraverso qualche componente del suo staff.

Infine rimane un quesito grosso come una casa: se un comune cittadino ha il timore di aver avuto o di avere in corso i sintomi del Covid, e dopo aver chiamato l’Ats o il suo medico di base, si senta dire che non ha diritto a fare né il siero né il tampone e che se lo fa è a suo carico, salvo che il siero risulti essere positivo, e posto che debba aspettare anche due mesi per fare il siero o il tampone, come si spiegano queste differenze? Come si spiega che in Lombardia non si tamponi o non s’indaghi con la sierologia almeno chi dice di avere i sintomi?

Perché quello che appare evidente è che il principio di uguaglianza non viene rispettato se ad alcuni il tampone si fa e ad altri no. Cosi come appare altrettanto evidente che non siamo tutti uguali se chi ha un amico giornalista che ha il numero di cellulare del Governatore della Regione riesce a fare il test; e chi invece non ce l’ha rimane senza. Perché tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge. O no?