Marcos Cappato: “Vorrei parlare con la Polizia di Stato”

La sua investitura l’ha presa sul serio. È ‘Alfiere della Repubblica’ su mandato del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.
Per questo Marcos Cappato non molla il colpo. Ed ogni volta in cui accade qualcosa, dove ritiene siano violati i diritti delle persone, lui interviene. (http://www.facebook.com/story.php?story_fbid=10158236424893158&id=61555958157&scmts=scwspsdd&extid=u9ZO0BMUsHGDDtnE)

Notte tra giovedì 14 e Venerdi 15 Maggio 2020. Milano è colpita da un acquazzone di tipo tropicale. Il palazzo di Via Gonin, dove abita, sebbene sia di nuova fattura, va praticamente sott’acqua. Si allagano gli scantinati, si allagano entrambi gli ascensori. Nel palazzo non è solo Marcos, ad avere problemi di deambulazione. Ci sono persone anziane, ed altri diversamente abili.
Lasciata passare la notte dello sconquasso Marcos, che senza ascensore non può muoversi di casa, decide di chiamare la Polizia. Vuol fare una denuncia per una condizione che, ha già compreso, lo vedrà costretto in casa per diversi giorni. Solo il lunedì successivo, ben tre giorni dopo l’alluvione, la MM proprietaria dello stabile manda dei tecnici a provvedere.

Quando Marcos parla al telefono con l’agente di Polizia, si sente dire “che la denuncia deve venire a farla negli uffici della Polizia di Stato”. E Malgrado provi a spiegare che non può muoversi per l’ impossibilità provocata dal blocco degli ascensori e perché da disabile senza ascensore lui non può spostarsi da casa, si sente dire in modo risentito “che trovi qualcuno che possa farla al posto suo”.

Quando Marcos, e lo spiega nel video, racconta del suo rapporto con le forze dell’ordine si capisce che per lui sono un punto di riferimento. Un elemento di certezza in una società che le regole tende a schivarle. Alessandro, suo padre, lo dice con ancora maggiore chiarezza: “Mi aspettavo che avessero la capacità di comprendere, proprio perché sono le forze dell’ordine. Mi aspettavo che mandassero una pattuglia per capire in che condizioni ci siamo venuti a trovare in quel momento”.
È ovvio: anche la Polizia è fatta di persone e non tutte sono uguali. E il nervosismo di ciascuno di noi, durante il lockdown, non ha escluso di colpire anche le Forze dell’Ordine. Ci può stare. Tuttavia: esiste un modo diverso di potersi porre verso un diversamente abile? Se al telefono Marcos spiega di essere una persona con dei problemi e si sente rispondere “Quando lei parla non si capisce niente”, non è forse il caso di rivedere la modalità con cui alcuni uomini (e donne) della Polizia di Stato si rivolgono quando rispondono al telefono? Perché, senza voler fare di tutta un’erba un fascio, rimane il fatto che Marcos mi ha chiamato per segnalare ancora una volta quanto dura sia la vita per un diversamente abile. Non solo ti si bloccano per l’ennesima volta gli ascensori in un palazzo di edilizia popolare nuovo e di proprietà comunale; ma quando chiami le forze dell’Ordine per essere ascoltato nelle tue esigenze, sei praticamente considerato un peso.
Per questo Marcos nell’intervista chiede di poter parlare con la Polizia. Per potersi confrontare con loro. Per riuscire a parlare con qualcuno che lui, e non solo lui, considera un riferimento di sicurezza, nella vita. Un approdo, un’immagine con cui s’identifica la certezza del diritto, l’esercizio della giustizia. Non l’incomprensione e la riluttanza alla prossimità.

Ecco l’intervista