Diritto d’informazione?

Diritto d’informazione?

Silvia Romano abita a pochi metri da casa mia. Non la conoscevo, non almeno fino a quando è divenuta nota sua malgrado. Ho deciso di non parlarne e ho mantenuto questa linea lungo tutto il percorso di questi giorni.

Anche oggi però passando sotto casa sua ho trovato reporter, giornalisti e fotografi. Per filmare cosa? Secondo quanto abbiamo saputo sarebbero stati trovati dei cocci di bottiglia al piano sotto quello di Silvia. Secondo deduzione dunque, qualcuno avrebbe cercato di lanciare una bottiglia verso la finestra della casa Romano. In realtà noi che ci viviamo, sappiamo che parte di quella zona è degradata, con il vicino parco spesso gradito spazio d’incontro per alcolisti a vario livello

Si è colta, per l’ennesima volta, l’occasione nel nome del diritto all’informazione, per occupare abusivamente la vita di una famiglia colpita da un trauma probabilmente irreversibile, con una giovane ragazza giustamente convinta di poter cambiare il mondo come ogni ventenne; che si trova adesso a fare i conti con una realtà che le passa tra le mani e non riesce a fermare.

Il giornalismo ha assunto toni sempre più smaccatamente vicini allo spettacolo, ed è incline dunque a trasformare le notizie in luna park mediatici, senza controllo e senza responsabilità. In nome degli ascolti, o dei click: essenzialmente nel nome dei soldi. Vedere assoldati giovani e meno giovani per stare ore davanti alla casa di una giovane, vittima di qualcosa più grande di lei, stride con l’idea del giornalismo e del diritto all’informazione.

In queste settimane, e ne abbiamo avuto contezza proprio oggi grazie ad un articolo dell’Espresso, il diritto all’informazione s’è trasformato in un rodeo mediatico dove qualunque virologo anziché contribuire ad una pacata riflessione e ad un adeguato sostegno alle competenze di ciascuno in tema di virus, abbiamo scoperto hanno partecipato a forme alternative di remunerazione, senza troppo faticare.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/05/13/quanto-guadagnano-i-virologi-per-le-presenze-in-tv-ecco-i-compensi-di-burioni-e-capua/5800369/

Quando la buriana sarà passata non saremo più gli stessi, come non lo potrà essere Silvia. Nella vita tutto si trasforma e presto o tardi dovremo fare i conti con la morte: la vicenda Covid ha costretto ognuno di noi a guardare in faccia questo spettro, questo alter ego, la morte alla vita, che in molti barattano in cambio di un’eterna e fittizia giovinezza, mutuata dal culto del corpo e dalla logica del possesso.

Per questo il volto di Silvia, sorridente ma smunto e sormontato da quel velo, icona di una femminilità contratta e contenuta dentro un velo protettivo, ha provocato reazioni violente. Silvia ci ha messi davanti alla fragilità delle nostre emozioni, alla precarietà delle nostre certezze, al dolore di un riscatto mancato, di una giovinezza e di una serenità negata all’improvviso. Non sappiamo come e quando arriva, la morte. Morte non solo fisica, ma anche d’anima.

Quando il giornalismo nega proprio ad un’anima ferita di potersi schiudere, di poter spiegare le ali, nel nome di un diritto, quello dell’informazione, dietro cui si nasconde la cultura nel narcisismo e della prepotenza, è venuto il momento di dire che ad essere sicuramente morto è il giornalismo.

Max Rigano

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