Marco Pantani, morte oscura di un Paese malato

Non deroghiamo al compito che ci siamo dati di raccontare la città di Milano. Lo speciale de Le Iene sulla morte di Marco Pantani, ci obbliga a parlare di un patrimonio nazionale, la storia del ciclista di Cesenatico, lasciato solo e realisticamente assassinato, non sappiamo ancora da chi.

Un omicidio però che vede, per le modalità che lo hanno determinato, una lunghissima linea d’ombra attorno a tutto quanto è accaduto al ciclista romagnolo.

Dalle provette di Madonna di Campiglia che fanno registrare un ematocrito di 53 per poi tornare a 48 quando il Pirata si reca al centro ospedaliero riconosciuto dall’ Uci a Faenza, in cui il dato delle piastrine dimostra palesemente che vi è stato una manipolazione nelle provette di Campiglio; fino al giorno della morte in cui le immagini fornite dalla Polizia di Stato lasciano allibiti se confrontate con le testimonianze degli uomini del primo soccorso ospedaliero e successivamente con quelle di chi stava alla reception. Le immagini del cadavere e dei riscontri fatti dal medico senza la necessaria strumentazione; l’incredibile sequenza di testimoni che il collega giornalistaAlessandro di Giuseppe, che ha condotto questa mirabile inchiesta ( che andrebbe premiata con un Pulitzer e che temiamo sarà invece indagato vivendo nel paese delle banane) dimostra che Pantani dall’albergo di Rimini, in cui secondo le indagini sarebbe rimasto chiuso per quattro giorni, è invece uscito più volte. Le testimonianze sul lavandino divelto visto da più persone e confutato dalle immagini della Polizia, che mostrano il lavandino regolarmente in bagno, fino all’incredibile dichiarazione degli uomini dell’ambulanza che prestarono il primo soccorso che affermano di non aver visto traccia di cocaina e neppure di sangue, di cui invece il video della Polizia di Stato abbonda nello speciale trasmesso dalle reti Mediaset.

Una declinazione di cos’è il nostro Paese quando si decide di eliminare personaggi evidentemente considerati scomodi. È la storia di Via Gradoli e Aldo Moro, è il caso dell’aereo di Giovanni Falcone partito in incognito e nel più assoluto riserbo con una rotta riservata da Roma per l’aeroporto di Palermo, che invece viene travolto da 500 kg di tritolo messi una settimana prima dalla mafia sull’autostrada senza che nessun ci abbia mai spiegato come sia stato possibile fare i lavori sull’autostrada, mettere tanto di quel tritolo da uccidere un esercito, senza che nessuna autorità sia mai intervenuta prima.

È l’Italia dell’omicidio Borsellino e di Enzo Tortora. Un’Italia che chiede giustizia, come la madre di Marco Pantani. In tutta questa storia la parte migliore di noi, dell’Italia alla luce del sole.