Dalle Olimpiadi alla povertà: cronaca di una città

Nella solitudine del mio lavoro di giornalista free-lance, raccolgo testimonianze di difficoltà sociale enorme a Milano che la politica non vuole cogliere. Parliamo di Olimpiadi.

Non ne faccio una questione di destra o sinistra. È che questa politica una volta guadagnata una lauta ricompensa mensile che va dagli 8000 euro da consigliere regionale ai 20.000 da parlamentare Europeo, perde qualunque contatto con la realtà. Non sa più entrare nel disagio sociale, perché non è cool, perché la politica spesso la fa chi ha già soldi e vuole delle rendite di posizione. Mi fa specie che spesso a parlare di povertà sia gente che s’è arricchita con la politica e quindi poi nelle periferie non ci va. Non li vedi mai, dove il disagio si trasforma in paura e violenza, se ne resta in centro città. Per questo la Lega avanza, perché ha colmato un vuoto che la gente sente.

Il PD ha fatto molto per Milano in questi anni e l’esito elettorale lo dimostra, ma non c’è discontinuità con il passato. Si fanno gli interessi di una certa parte, una volta avremmo detto della borghesia, ma del proletariato non frega un cazzo a nessuno. Così è potuto accadere che giovani rampolli della borghesia milanese, abbiano preso a dettare l’agenda della politica e dell’inclusione progressivamente tralasciando il reale interesse alla cura umana di chi soffre. Si è surrogato il concetto di bene comune e del prendersi cura usando il welfare locale, trovando il modo di levarsi di torno la sofferenza sociale. E quando qualcuno dalle periferie bussa alle porte della città chiedendo aiuto viene dato in pasto alla burocrazia, lasciandolo da solo.

Da qui nasce l’odio sociale, la guerra tra poveri. Da noi si avverte un po’ di meno perché del grande gioco fanno parte anche i comunicatori i quali non raccontano dei disperati che vivono sotto ai ponti della Stazione Centrale o in qualche casa occupata dell’Aler o di MM. Non si racconta delle periferie e della loro sofferenza salvo per qualche strillo usato per tentare di vendere qualche copia in un mercato in sofferenza. Perché non c’è più la socialità, la koinè, c’è il mercato che è diventato paradigma sociale. È la distanza quella che fa paura, la distanza che hanno messo tra loro e il disagio sociale. Avveniva anche prima quando alla guida c’era la Moratti.

La quale dicono si travestisse qualche volta e se ne venisse nei quartieri di periferia per capire, per vivere sulla propria pelle il disagio. La sua risposta fu di tipo muscolare, con i militari. La dimostrazione che se per entrare nella vita delle persone bisogna indossare una maschera, allora siamo sul palco di un teatro dell’assurdo.

Dove vale la regola d’oro: perché pochi stiano bene, bisogna che molti soffrano. Ricorda i cerchi concentrici della nostra Mediolanum. Più ti allontani dal centro e più si eleva l’asticella della sofferenza. Ma per carità abbiamo avuto Expo e ora le Olimpiadi. Abbiamo il bosco verticale che i poveri possono venire a visitare durante il week end, guardando quelli che hanno fatto i soldi. Prima di tutto il successo e il danaro. È questo che conta, no?

Leggi anche: https://www.milano-positiva.it/2019/06/24/milano-positiva-notte-prima-dellesame-olimpico/