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Uno si chiama Gianni Zais ed \u00e8 un manager di una multinazionale della comunicazione<\/p>\n

L’altro, Mahmoud Asfa, \u00e8 un imprenditore egiziano, d’istanza a Milano da quarant’anni. Uno \u00e8 laico, l’altro islamico. Tutti e due ragionano con la logica contemporanea del fatturato.<\/p>\n

Si sono incontrati dopo un percorso lungo. Accidentato come quello di chiunque; ma entrambi hanno maturato una condizione: non si pu\u00f2 vivere senza considerare l’ascolto dell’altro.<\/p>\n

Zais da un anno e mezzo si \u00e8 messo, con l’associazione che ha fondato, Milano Positiva, a raccogliere cibo per chi in questo momento non ce la fa a mettere il pranzo con la cena. \u00c8 l’effetto ristori: prometto di darti 60, in realt\u00e0 ti do al massimo 5 ogni mese. E per arrivare a 100, arrangiati.<\/p>\n

Asfa davanti al microfono mi dice: “Questo \u00e8 il mese pi\u00f9 importante, quello del Ramadan. Per noi rinunciare al cibo e all’acqua (dalle 4 del mattino alle 20) significa imparare ad ascoltare la nostra sofferenza. E la sofferenza che viviamo nell’astenerci dal bere e dal mangiare ci fa capire quella che prova chi non ha niente. Ed \u00e8 allora che si diventa pi\u00f9 solidali, pi\u00f9 vicini all’altro.”<\/p>\n

Questo \u00e8 il senso della liturgia del Ramadan che evoca in ciascuno il dovere di fare propria la sofferenza dell’altro.<\/p>\n

Sono le parole anche di Zais: “In questo momento \u00e8 importante donare, prima di tutto, soprattutto a chi non ha la fortuna di avere il cibo. Occorrono atti concreti”<\/p>\n

Due cos\u00ec si potevano incontrare solo in Via Padova a Milano, la zona pi\u00f9 multietnica del capoluogo lombardo e forse dell’intero Paese.<\/p>\n

Asfa in Italia c’\u00e8 arrivato perch\u00e9 quando il Padre gli chiese dove gli sarebbe piaciuto completare i suoi studi all’estero, pronunci\u00f2 la parola Italia a seguito dei Mondiali del 1982, che la nazionale di Berzo, sgangherata a Vigo, vinse, arrivando bellissima nelle sue trame di gioco, fino a Madrid dopo aver battuto Argentina Brasile Polonia e Germania.<\/p>\n

Pi\u00f9 o meno lo stesso percorso netto fatto da Zais che nel 1982 festeggi\u00f2 per strada quel mondiale. Entrambi sono stati felici ed entrambi hanno deciso che la loro felicit\u00e0 non pu\u00f2 prescindere da quella degli altri.<\/p>\n

Certo, il fatturato. Prima per\u00f2 viene l’essere umano.<\/p>\n

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